Roman bread

La numerosa presenza di forni e pasticcerie (circa 34) per la produzione e la vendita di prodotti a base di farina, lascia intendere che la panificazione fosse una delle attività più fiorenti della città di Pompei. Gli impianti più grandi (circa 23) erano quasi sempre provvisti di macine, stalla, ed di un quartiere abitativo, ma senza bottega per la vendita diretta.
Il lavoro nella panetteria iniziava con la pesatura del grano, poi il frumento era posto nei mulini dai garzoni dei fornai (pistores). Le macine erano in pietra lavica (catillus), materiale che non lasciava nella farina residui dannosi ai denti. Esse avevano una forma a clessidra e lunghi bracci di legno, ed al loro interno era inserito un elemento conico di dimensioni inferiori (meta). Queste macchine venivano azionate dagli schiavi o dagli asini, che imprimevano loro un movimento rotatorio in grado di triturare il grano. La farina ottenuta veniva successivamente raccolta su una lamina di piombo che ricopriva la base circolare in muratura dei mulini. Seguiva la setacciatura regolata a seconda del tipo di clientela da servire. I setacci a maglia stretta erano utilizzati per ottenere farina molto fine e bianca per i tipi di pane pregiato, quelli a maglia larga per la farina scura e grezza adatta a preparare il pane destinato alla plebe. Quindi, il tutto veniva impastato con acqua e distribuito su assi speciali dove gli si dava la forma richiesta e si infornava.

 

Alcuni tipi di pane erano decorati con anice, semi di papavero, di sesamo e altre essenze fissate sulla crosta con bianco d’uovo. Sembra che solo in epoca tardo-repubblicana si cominciò ad usare il lievito, ottenuto mescolando miglio o crusca a farina acida.
I forni a legna erano realizzati in mattoni (opus latericiumcium), mentre il pavimento dei panifici era fatto di lastre di lava basaltica, lo stesso materiale utilizzato per la pavimentazione delle strade, ciò per facilitare l’andamento degli animali o degli schiavi che spingevano le macine legati alle travi lignee.
Sulla parete esterna del forno del panifico collegato alla casa di N. Popidius Priscus, è stata rinvenuta una lastra in travertino con un fallo in rilievo recante la scritta “hic habitat felicitas“, ora nel Gabinetto segreto del Museo Nazionale di Napoli. La scritta, dal chiaro valore apotropaico, collegava la produzione del pane alla forza generatrice della natura.
Di straordinario interesse sono gli ottantuno pani carbonizzati rinvenuti nella bottega di Modestus. Essi hanno quasi tutti una forma circolare ad otto spicchi, un diametro di circa 20cm, ed un peso medio di circa 580g.

Lascia un commento